«Durante le riprese, la violenza significa amore e armonia. Durante le riprese dei miei film, nessuno si è ferito gravemente. La cosa curiosa è che più l'amore è grande, più aumenta la violenza. Ultimamente ho il dubbio che proprio dall'amore nasca la violenza. In altre parole, sono la stessa cosa.» Con estetizzazione della violenza, in campo artistico o televisivo e cinematografico, si intende una “messa in scena” della violenza prolungata e rilevante. Secondo l'esperta di cinema Margaret Bruder (Università dell'Indiana) i film che seguono questo «registro stilistico eccessivo» sono ricchi di «immagini, giochi visivi, e segni» che fanno riferimento a un intero apparato di convenzioni di genere, simboli culturali, e concetti chiaramente riconoscibili dagli spettatori.
Nel 1849, a seguito delle rivoluzioni che insanguinano le strade d'Europa – sebbene sedate dalle autorità che riconsolidano il potere istituito – il compositore Richard Wagner scrive: «Provo un irresistibile desiderio a praticare almeno un po' di terrorismo artistico».
Nel 1991, Joel Black, professore di letteratura dell'Università della Georgia, ha affermato che: «Se, tra tutte le azioni umane possibili, ce n'è una che evoca l'esperienza estetica del sublime, di certo si tratta dell'omicidio».